lunedì 29 febbraio 2016

L'abitudine globalizzata al "pre-giudizio" (Marco Emanuele)

L'abitudine globalizzata al "pre-giudizio" è la cifra di questo terzo millennio della competizione e dell'imminenza. Ci illudiamo di poter vivere senza conoscere, senza avere l'occhio antropologico, filosofico, politico, complesso sulle realtà che evolvono; volentieri semplifichiamo e separiamo, prigionieri nell'illusione delle nostre certezze.

Il mondo nel quale ci limitiamo ad esistere è "non governato" da una "politica dimenticata" che continua a volerci far credere nella inevitabilità della "guerra permanente"; come dire, non è importante conoscere ma è fondamentale assolutizzare le nostre impressioni, i nostri punti di vista, elevando a verità dogmatiche quelle che sono soltanto opinioni.

La conseguenza dell'abitudine globalizzata al "pre-giudizio" è che assistiamo a continue "reazioni internazionali" e che, dopo il crollo dei punti di riferimento novecenteschi, non riusciamo a immaginare visioni di società nella "liquidità" dell'eterno presente; tanto vale, allora, rassegnarci a seguire la corrente, costruirci dei nemici, inventare scontri fra civiltà, negare "nei fatti" il diritto alla vita per ogni differenza che contribuire a formare il meraviglioso mosaico dinamico dell'umanità nel creato.

Chi scrive, evidentemente, pensa che il "pre-giudizio" vada superato, che ci voglia una "cultura della conoscenza" che ci aiuti a ritrovare la libertà e la responsabilità nei processi vitali che, volenti o nolenti, sfuggono alle nostre abitudini "omologanti" e "performanti".




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