L'intellettuale vive la "fragilità" del dubbio perchè è consapevole che l'incertezza della realtà dipende dalla incertezza di ogni persona umana. Detto questo, l'intellettuale sa che l'incertezza è un dato costitutivo della persona e della realtà, potremmo dire un dato "naturale" e che con essa bisogna fare i conti, anzitutto culturalmente.
L'incertezza non può essere cancellata come un errore ma va vissuta come una grande potenzialità. Nel primo caso, infatti, negheremmo a noi stessi ciò che siamo, introducendo la categoria della "certezza" come fondante e fondamentale del e nel nostro agire personale e comune. Certezza che vorremmo applicare a tutti gli ambiti della convivenza, senza alcuna problematizzazione nelle contraddizioni dei mondi-della-vita. Direi che abbiamo scelto questa strada, spingendo senza pensiero auto-critico e critico su un modello globalizzato e, in esso, sul modello democratico.
Sia chiaro; globalizzazione e democrazia sono, di principio, processi positivi ma, sottolineiamo, processi. Intenderli come modelli significa "dogmatizzarli", renderli in qualche modo non discutibili come "verità in sè"; e questo approccio, unito al nostro "pensiero lineare", ci sta conducendo alla degenerazione. Il mondo, come non mai, ha bisogno di "pensiero complesso".
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