Senza pretendere di portare prove, ma proponendo "sensazioni ragionate", azzardo nel dire che il mondo sembra sempre più popolato da "non persone"; lo sono coloro che non hanno voce (gli ultimi, i dimenticati), ma anche quanti esistono (non vivono) sotto i riflettori accecanti di una globalizzazione solo tecnocratica. Sia gli uni che gli altri sono in qualche modo "oppressi"; i primi da un evidente stato di necessità materiale, gli altri da un qualcosa che viene venduto come libertà ma che in realtà è molto spesso, e semplicisticamente, il frutto discutibile del potentissimo "regno dell'immaginario".
Le "non persone" appartengono a differenti classi sociali, sono trasversali; proprio in ragione del loro essere diventate "maggioranza" dell'umanità, avverto come fondamentale rimettere al centro del dibattito pubblico la "persona umana" e la sua complessità. La maggioranza di "non persone" ci chiama a una nuova responsabilità, nuova nel senso del necessario, e urgente, ritorno alla responsabilità.
La poca fortuna che, nel mondo di oggi, ha il concetto di "persona umana" si spiega con il fatto che guardare alla persona significa fare uno sforzo ulteriore, significa che la politica deve fare i conti con ciò che sembra avere dimenticato: l'importanza di avere un "fine", un senso, una naturale centralità. Infatti, se consideriamo la politica come l'attività fondamentale fra le attività umane, a cosa dovrebbe essere finalizzata se non allo sviluppo integrale della persona umana e di ogni persona umana ?
Questo ragionamento, almeno a chi scrive, apre un mondo di riflessioni e non è limitabile a un semplice ammonimento; parlare di "persona umana" in termini strategici significa guardare a un "progetto di civiltà" nell'era dell'inciviltà, della barbarie, del trionfo del disumano. E tutto questo avviene nel mondo iper-connesso, in un contesto nel quale - allo stesso tempo - arriviamo ovunque con un click ma non riusciamo più a "frequentare" le profondità dei mondi-della-vita. Da questo paradosso, frutto delle nostre stesse scelte, credo che sia importante ripartire.
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