Realtà e verità sono parole rifiutate dalla non cultura tecnocratica dominante.
Infatti, per realtà intendiamo solo ciò che vediamo e non ciò che nascondiamo (sulla Libia, ad esempio, la grande partita strategica in atto) e, soprattutto, non le informalità e le transizioni che appartengono alla vita dei popoli (che, per noi, rappresentano numeri o problemi e non possibilità di "integrazione non dominante" e, tanto meno, necessità di comprensione e di governo dei e nei processi storici vitali).
Per verità intendiamo le nostre certezze, elevati a dogmi, che assolutizziamo reciprocamente in nome, troppo spesso, di un dio che nega (e che fa piangere) il Dio della Misericordia. Non guardiamo alla dinamicità della verità, al suo essere vera in quanto "evoluzione complessa".
Detto questo, per recuperare il senso profondo di realtà e di verità abbiamo bisogno di una cultura politica che si ripensi e si rifondi in nome della complessità dei mondi-della-vita. Abbiamo bisogno di intellettuali capaci di riappropriarsi (e di farci riappropriare) dei "segni dei tempi", rivalutando l'incertezza della condizione umana nel creato. Abbiamo bisogno di "classi dirigenti" che riscoprano il loro senso e la loro "missione" al di là dell'apparenza e dell'imminenza.
Penso alla democrazia, fattasi "pubblicitaria". La esportiamo, accompagnandola a guerre d'interesse, mentre nei nostri territori "competitivi" i sistemi democratici somigliano sempre più a "supermercati" nei quali gli utenti-clienti scelgono prodotti in ragione dei loro bisogni, condizionati da un immaginario indotto dal "grande spot" che va oltre la vita e che condanna la fatica della riflessione. E' così che una democrazia che guarda semplicisticamente all'esistenza è "pubblicitaria" ma, soprattutto, "primitiva".
Dobbiamo recuperare una cultura della realtà e della verità e, altresì, una cultura del contesto; nulla, nel mondo di oggi, è comprensibile senza considerare il globale in ogni particolare e, viceversa, il fatto che il globale è l'integrazione degli infiniti "differenti umani". Si tratta di una "rivoluzione" del e nostro modo di pensare e di agire, al di là del fare.
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